9 settembre 2007
I socialisti nel Partito Democratico
Dopo
la decisione dei Socialisti Autonomisti di Alberto Tedesco, ci sarà
un’altra componente socialista nel nuovo Partito democratico: Alleanza
Riformista. Uomini e donne dello Sdi decisi a far parte del partito
unico del centrosinistra ieri mattina si sono incontrati per la prima
volta a Napoli insieme al loro leader nazionale, il presidente della
Regione Abruzzo, Ottaviano Del Turco (nella foto).
Durante il dibattito è stato anche letto il saluto inviato dal sindaco
di Roma Walter Veltroni, candidato favorito alla guida del nuovo PD,
che ha ringraziato pubblicamente tutti i socialisti decisi ad aderire
al partito unico del centrosinistra. «Per la prima volta nella loro
storia -ha detto Del Turco- i socialisti decidono di unirsi e essere
parte di un progetto politico grande invece di dividersi ancora». Sullo
stesso argomento, al Comitato “14 Ottobre” della provincia di Foggia, è
giunto un intervento di Ivano Di Matto, esponente dei Ds di Lucera. Lo
pubblichiamo di seguito.
Perché il Pd può essere la casa dei socialisti italiani
di IVANO DI MATTO *
In
un’intervista rilasciata lunedì 27 agosto al Corriere della Sera,
Walter Veltroni, uno dei candidati alla segreteria del nascituro
Partito Democratico, ha parlato della necessità di riformare, oltre al
nostro sistema politico nazionale, l’Internazionale Socialista,
l’organismo che riunisce la stragrande maggioranza dei partiti
socialisti del mondo, trasformandola nell’Internazionale dei
Democratici e dei Socialisti e, quindi, aprendola al contributo di
tutte quelle esperienze politiche che, pur non essendo socialiste in
senso stretto, sono schierate, a livello mondiale, nel campo
progressista e riformista. Si pensi, ad esempio, ai Democratici
statunitensi di Hillary Clinton e Barack Obama, all’indiano Partito del
Congresso di Sonia Gandhi, all’African National Congress di Nelson
Mandela e al Partito Democratico giapponese. Del resto, una tale
proposta fu avanzata, anni fa, dallo stesso Bettino Craxi, all’epoca
vicesegretario dell’Internazionale Socialista, il quale già allora, con
la lungimiranza e l’intuito che ha sempre caratterizzato la sua azione
politica, percepì la necessità di allargare l’Internazionale Socialista
a tutte le forze riformiste, anche quelle non aventi matrice marxista. In
Italia, la proposta fu ripresa e sviluppata da Claudio Martelli,
vicesegretario del PSI, il quale, a seguito dei risultati della tornata
referendaria del 1987, constatò la formazione di una maggioranza
progressista che andava oltre i soli partiti della sinistra, fino a
comprendere il PRI, i Radicali e parte della DC e che, quindi, non era
strettamente riconducibile al campo socialista. Poi venne
Tangentopoli e il crollo della cosidddetta Prima Repubblica e questa
idea, insieme a molti altri progetti di riforma dello Stato, del
sistema politico e del sistema elettorale, cadde nel dimenticatoio. Certamente,
oggi, l’idea del Partito Democratico nasce da presupposti ed esigenze
politiche molto diverse rispetto a quelle della seconda metà degli anni
Ottanta. E i protagonisti principali di questa operazione non sono,
sicuramente, riconducibili alla cultura politica del PSI. Tuttavia
questo non intacca la bontà dell’idea. Anzi, ancora una volta mette in
evidenza come i socialisti italiani siano stati, per lunghi anni, una
forza politica sicuramente all’avanguardia in Italia ed in Europa.
Infatti,
ora come allora, alla base della nascita del Partito Democratico c’è
l’esigenza di dare vita ad una formazione politica che possa essere
politicamente e culturalmente egemone all’interno del campo
progressista, in grado di determinare e orientare le scelte politiche
del proprio schieramento e di limitare il potere di ricatto delle forze
massimaliste e centriste, il cui peso, oggi, sia per motivi politici
che per motivi, diciamo così, elettorali, è molto sovradimensionato
rispetto al loro effettivo consenso nella società. Il Partito
Democratico, quindi, si pone l’obbiettivo di unificare in un unico
partito le varie tradizioni riformiste che contrassegnano la politica
italiana e di porsi come forza politicamente egemone all’interno dello
schieramento progressista. Si tratta, in sostanza, di dare vita ad
una formazione politica che, come tutti i partiti socialisti,
socialdemocratici e laburisti europei, costituisca il punto di
riferimento di tutti quei cittadini che pur non essendo socialisti in
senso stretto, comunque si riconoscono in posizioni politiche di
carattere riformista e progressista. Un obbiettivo non perseguibile
attraverso la “Costituente Socialista” che sicuramente esercita un
certo fascino verso il popolo socialista della diaspora. Tuttavia la
“Costituente Socialista” è un’iniziativa “romantica” più che
un’iniziativa politica, non avendo, in questo secondo senso, un ampio
respiro. Si tratterebbe, in sostanza, di una sorta di PD che nel suo
messaggio politico pone un maggiore accento sui temi della laicità e
delle libertà individuali e che sui temi economici si porrebbe
addirittura più a destra dello stesso Partito Democratico. Del resto,
che la “Costituente Socialista” stia incontrando più di una difficoltà
nella sua nascita è cosa evidente per qualsiasi osservatore attento,
basti pensare all’adesione al PD di ex diessini come Peppino Caldarola,
che in un primo momento avevano manifestato l’intenzione di aderire
alla costituente, al progressivo avvicinamento di Sinistra Democratica
alle posizioni della sinistra radicale piuttosto che a quelle dei
socialisti o all’adesione di alcuni importanti esponenti dello SDI,
come Ottaviano Del Turco o Alberto Tedesco, alla fase costituente del
Partito Democratico.
Anch’io, personalmente, per anni ho sperato
nell’unificazione delle diverse anime della “diaspora socialista” e in
una chiara scelta socialista da parte dei DS, in modo da dare vita,
anche in Italia, ad una grande forza socialista. Ciò, purtroppo, per
tutta una serie di cause che chi sa di politica conosce, non è stato
possibile, provocando un grave vuoto nella politica italiana, la
mancanza di una forza progressista capace di rappresentare la
maggioranza relativa della società e di guidarne il processo di
innovazione e rinnovamento. A questa lacuna, oggi, può mettere fine
la nascita del Partito Democratico, un partito pensato per chi avrà
vent’anni nel 2010, un partito che, partendo dal passato e da quelle
tradizioni politiche che sono state determinanti nello sviluppo e nella
crescita della democrazia italiana, guarda al futuro, per dare vita ad
una forza democratica, progressista e riformista che avrà forti
affinità con le forze del Socialismo Europeo e che di quel movimento
non potrà non essere parte integrante. Per questo penso che, oggi,
coloro i quali si richiamano alla tradizione politica e culturale del
socialismo italiano debbano partecipare, con la forza e il contributo
della loro storia personale e politica, al processo costituente che il
14 ottobre porterà alla nascita del Partito Democratico, facendo in
modo che esso sia, sin dall’inizio, la casa dei democratici e dei
socialisti italiani. * Democratici di Sinistra di Lucera
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